Il dilemma della pecora intelligente

Immagine di @Bianca_e_i_suoi_colori

È rosso. Quella stramaledetta luce ci inchioda al marciapiede. D’un tratto il cervello, accortosi dell’assenza di movimento, riemerge dai pensieri nel quale si era placidamente immerso cullato dall’andatura regolare dell’abitudinario percorso verso l’ufficio. Scocciato: “Bè che succede? Perché non ci stiamo muovendo?”. ‘È rosso’. Una rapida occhiata a sinistra, una a destra (non si sa mai). “Ma non c’è nessuno! Andiamo!”. ‘È rosso’. “Per carità saranno sì e no tre metri!”. ‘È rosso’. Altri si affiancano, anch’essi paralizzati dalla calda luce. Uno scambio di sguardi, quasi a chiedere il da farsi, ma nulla. Tutto tace in un condiviso e consensuale immobilismo. Lunghi attimi. All’improvviso un folle, ma coraggioso individuo si fa avanti tra la folla e dopo qualche istante di esitazione, spinto da chissà quale nobile proposito o missione, attraversa. L’ammirazione per colui che ha infranto le regole sociali (e stradali) che ci soggiogavano ci pervade e prende il sopravvento: tutti decidiamo di seguirlo in questa sua crociata verso la libertà. Impavidi percorriamo la distanza maledetta da quella luce infernale. Con un brivido che ci corre lungo la schiena raggiungiamo l’altra sponda. In quel preciso istante scatta il verde. Ovviamente.

Ero in aeroporto con la mia compagna, stavamo mestamente aspettando l’arrivo del nostro aereo per poter rientrare a Milano dalle ferie. Lei, più giovane e tecnologica, brandendo il suo preziosissimo smartphone mi avvisa che l’applicazione della compagnia segnala un ritardo di quasi un’ora. Mi scorgo verso il monitor sopra il nostro gate, ma nulla. Malfidente cerco di capire dal mio telefono quale magia abbia compiuto per prevedere il ritardo, ma evidentemente non sono più poi così tanto giovane, né al passo coi tempi. Le chiedo di farmi vedere il suo schermo magico, giusto per essere sicuro che, non so, magari abbiamo dimenticato come si legge o l’ordine dei numeri, non si sa mai. E’ sempre meglio controllare con i propri occhi, mi dico. Effettivamente quanto da lei millantato coincideva al vero, nessuna svista. Mi ero preventivamente detto che la tecnologia non sbaglia e che quindi avrei dovuto credere a qualunque cosa avessi letto. Finiamo di prendere il nostro caffè seduti al tavolino del bar adiacente all’ingresso dell’imbarco, ma visto il previsto ritardo, non ci alziamo. A quanto pare però gli altri passeggeri, o almeno la gran parte di loro, non erano assidui utilizzatori di app di compagnie aeree, né accompagnati da una giovine maga esperta in tecnologia, decidono di mettersi in coda. È a questo punto che vengo assalito dal dilemma della pecora intelligente. Ve lo illustro: le pecore sono rinomate per il loro muoversi in gregge, non sono gli unici animali a muoversi in gruppo, ma non si sa bene per quale motivo, se si pensa ad un animale i cui esemplari tendono a muoversi in massa si pensa subito ad un gregge di pecore. Viceversa se si pensa ad un animale intelligente di sicuro non si va a pescare come prima scelta l’ovino. Per questo motivo una pecora intelligente dovrebbe spiccare tra le altre, differenziandosi per quanto possibile. Il mio informatore di fiducia mi aveva comunicato di aver visto nella sua sfera di cristallo piena di microchip che il mio aeromobile sarebbe giunto molto in ritardo. Il mio cervello aveva elaborato l’informazione con su semplice “Va bè sticazzi, stiamocene seduti a mangiare mentre io mi faccio i fatti miei”. Eppure, nonostante tutto conducesse alla logica scelta di non bruciare mezza caloria in più del necessario per stare anche solo un secondo più del dovuto in piedi, lui era lì. Piano piano si faceva largo in me, sempre più forte, sempre più invadente, ormai aveva raggiunto persino le gambe che quasi fremevano dalla voglia di lavorare (per la prima volta nella loro vita). Lui era lì e gridava ‘Andiamo! Andiamo! Andiamo! Vanno tutti! Andiamo!’. L’istinto del gregge. L’implacabile ed instancabile istinto del gregge. Cominciò quindi una lotta epica tra il mio cervello, forte dell’alleanza con la mia pigrizia, che mi voleva saldamente spalmato sulla sedia del bar, e quella vocina dentro di me che ora gridava a più non posso. Ad ogni persona che si aggiungeva alla coda il mio cervello subiva un duro colpo, mentre il mio istinto rinasceva pieno di rinnovata energia. Inutile dire che la lotta fu breve. Presto cedetti e mi misi in coda trascinando con me la mia veggente tecnologica e il suo dissenso.

Una volta in coda la razionalità tornò a recuperare energie. Ad ogni minuto speso in coda corrispondeva un “Te lo avevo detto” da parte del mio cervello. Ma fu tutto vano. Il mio istinto aveva raggiunto la pace dei sensi e nulla riusciva più a tangerlo. Rimanemmo in coda e aspettammo. Non potendo brucare, ci limitavamo a belare.

Gli esseri umani sono così. Possiamo farci poco, quando siamo circondati da nostri simili tendiamo ad avvicinarci più agli ovini che alle scimmie. Perché lo so che tu ora sei lì a credermi un deficiente, ma fermati un attimo e dimmi: non ti è mai capitato di trovare un casello vuoto e uno con delle macchine in coda e quindi di accodarti in quello pieno anziché in quello vuoto non si sa bene per quale motivo? Non ti è mai capitato, mentre guidi distrattamente di ritrovarti dietro ad una macchina parcheggiata in seconda fila in attesa che svoltasse? O in una fitta nebbia di seguire le luci della macchina di fronte a te pur non sapendo se la tua e la sua meta coincidessero? O semplicemente di fare una scelta piuttosto che un’altra solo perché “Così fan tutti”?

Se così fosse prendi pure posto qui vicino a me. In caso contrario candidati come pastore.

Bèèèèè.

P.S. l’immagine in testa è stata realizzata appositamente per questo post da Bianca che ringrazio. Appena avete qualche minuto tra una brucata e una belata prendete la vostra sfera di pixels da mille euro e visitate il suo profilo:

K0

Trump & Huawei

dal Web

https://www.corriere.it/tecnologia/19_maggio_24/huawei-trump-apre-pericolosi-ma-potrebbero-rientrare-un-intesa-la-cina-1d02a8dc-7df2-11e9-8696-ab199d13546c.shtml

Trump blocca Huawei. Il motivo? Il colosso tecnologico cinese risulta essere un problema per la sicurezza degli americani: i dispositivi cinesi raccoglierebbero informazioni per il governo asiatico. Il che mi fa sorgere un enorme dilemma: quando uso un Huawei con Android i miei dati vanno a finire prima in Cina o negli USA? “Ok Google, pausa bagno”. Ora entrambi i governi sanno che a metà di questo post mi sono alzato per andare ad urinare.

E’ il solito caso giuridico del bue che dà del cornuto all’asino. Caro amico arancione, ma tu hai mai usato un qualsiasi dispositivo Android per fare una ricerca sul colossale motore di ricerca Google, orgoglio americano? No, perché quando mi è capitato di dover imbiancare casa e ho commesso l’errore di cercare un tutorial online ho visualizzato rulli e vernici in ogni pubblicità su ogni device. Sul pc, sul tablet, sullo smartphone, sui banner pubblicitari di Amazon, ovunque. Mancava solo che qualcuno mi seguisse fisicamente con un cartello pubblicitario. Un po’ come il lavavetri de “Le comiche”.

No, perché è importante collocare bene la questione: gli Stati Uniti parlano di problemi di sicurezza e di spionaggio. Gli Stati Uniti. Dopo lo scandalo Snowden e NSA, dopo la compravendita di dati e di tutta la questione Zuckerberg (Facebook, Instagram e Whatsapp), dopo l’utilizzo di droni sul territorio americano e non solo, dopo il tentativo di inserire microchip sottopelle ai propri cittadini, dopo aver scatenato guerre in lungo e in largo per il mondo al fine di “Portare la democrazia nei Paesi meno fortunati” che casualmente sono anche quelli con più petrolio, di punto in bianco il problema sono i cinesi con i loro cellulari. Non è che stai facendo pipì un po’ fuori dal vasino Donaldone? Guarda che Google lo sa se sporchi la tazza. Stai attento.

Bisogna anche leggere tra le righe: perché non è che non sia possibile commerciare con Huawei, serve solo una specifica autorizzazione. Che ci sia qualcosa sotto? Che sia la solita trovata per avvantaggiare il mercato americano?

Conseguenze per gli utenti. Bisogna scindere tra il vecchio e il nuovo, come sempre. I vecchi dispositivi Huawei già in circolazione continueranno ad utilizzare il sistema operativo Android, mentre ai nuovi questo verrà vietato. Ergo il colosso cinese dovrà sviluppare un proprio sistema operativo e dovrà trovare il modo di fabbricarsi quei pezzi che fino ad ora importava dagli USA.

Il rischio è che il nuovo sistema operativo si riveli essere inadatto a reggere il confronto con Apple e Google e che gli sviluppatori delle app non sviluppino i propri prodotti per il sistema cinese, un pò come è già successo per Blackberry in passato. Il vantaggio è che questo blocco americano sia per Huawei un nuovo inizio, che il nuovo sistema operativo risulti competitivo o migliore e che si vada a creare un mondo autonomo di smartphone e pc, un po’ come Apple. Staremo a vedere.

K0